Ghosting: il silenzio che ferisce più di un rifiuto.
Fonte: Università Milano Bicocca
© Valentina Shilkina/iStock ()
I risultati di un recente lavoro di un team di psicologi di Milano-Bicocca ha evidenziato come la sofferenza provocata dall’assenza di comunicazione in una relazione sia più difficile da elaborare rispetto a un rifiuto diretto
comportamento
Il ghosting – interrompere ogni forma di comunicazione con qualcuno senza fornire spiegazioni – provoca una sofferenza psicologica più duratura rispetto a un rifiuto esplicito. È quanto emerge da un recente studio condotto da Alessia Telari, Luca Pancani e Paolo Riva del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, pubblicato sulla rivista Computers in Human Behavior (https://doi.org/10.1016/j.chb.2025.108756).
Lo studio, intitolato “The Phantom Pain of Ghosting: Multi-day experiments comparing the reactions to ghosting and rejection”, è il primo lavoro ad osservare in tempo reale come le persone reagiscono al ghosting, dopo le ricerche basate su ricordi o immaginazione.
Il team di psicologi di Milano-Bicocca ha utilizzato un metodo sperimentale affiancato a questionari giornalieri grazie al quale è stato possibile studiare come cambiano nel tempo le reazioni psicologiche delle persone al ghosting rispetto al rifiuto esplicito, mettendo in discussione l’idea diffusa secondo la quale nelle relazioni brevi o poco profonde “sparire” sia un modo più delicato per chiudere il rapporto.
L’obiettivo non era studiare la fine di una relazione amorosa, ma le reazioni all’interruzione improvvisa e definitiva di una comunicazione interpersonale, cioè a una forma di esclusione sociale digitale. Il ghosting, infatti, viene considerato dagli autori come una forma di ostracismo - essere ignorati o esclusi - che può avvenire in qualsiasi contesto: romantico, amicale o professionale.
I partecipanti allo studio hanno preso parte a brevi conversazioni quotidiane via chat con un partner (un collaboratore dello studio) e, ogni giorno, hanno compilato un questionario sulle proprie emozioni e percezioni. A metà dell’esperimento, alcuni venivano improvvisamente ignorati — simulando un episodio di ghosting — mentre altri ricevevano un rifiuto esplicito o continuavano a dialogare normalmente.
Questo approccio, unico nel suo genere, ha consentito di monitorare l’evoluzione quotidiana del disagio emotivo e di evidenziare come il silenzio prolungato del ghosting produca effetti più duraturi rispetto a un rifiuto diretto.
«Entrambi i fenomeni suscitano risposte negative e minacciano bisogni psicologici fondamentali, ma il ghosting mantiene le persone intrappolate in uno stato di incertezza che ne ostacola la chiusura emotiva - spiega Alessia Telari, ricercatrice del dipartimento di Psicologia di Milano-Bicocca».
I risultati mostrano, dunque, che l’interruzione di una relazione è dolorosa, a prescindere dalla modalità tramite cui avviene. Tuttavia, il rifiuto esplicito genera una reazione emotiva intensa ma più immediata e breve, seguita da un progressivo recupero. Il ghosting, invece, lascia le persone in uno stato di incertezza e confusione prolungata, che ostacola l’elaborazione dell’esperienza e mantiene elevate nel tempo stati negativi come dolore e senso di esclusione. Chi viene ghostato, inoltre, tende a percepire l’altra persona come meno morale rispetto a un rifiuto diretto.
«Al contrario di quanto si pensa, i risultati evidenziano che la comunicazione conta, anche quando si decide di chiudere una relazione considerata poco importante - conclude Telari -. Capire come reagiamo al ghosting può aiutarci ad affrontare meglio le rotture digitali e promuovere interazioni più consapevoli ed empatiche anche online».
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